
Il Congresso socialista aveva appena rifiutato, con solo un quarto di voti contrari – come previsto nelle 21 condizioni per l’adesione all’Internazionale Comunista – di espellere i membri della corrente riformista del Partito. La minoranza, che rappresentava 58.783 iscritti su 216.337 e che abbandonò il Goldoni riunendosi al San Marco, era costituita dal gruppo “astensionista” che faceva capo a Bordiga, futuro primo leader del nuovo Partito, dal gruppo dell’Ordine Nuovo di Gramsci, Togliatti, Terracini e Tasca, dalla corrente massimalista di Marabini e Graziadei e dalla stragrande maggioranza della Federazione Giovanile Socialista (Fgs). Questi gruppi oltre a dichiarare la nascita del nuovo partito elessero anche un primo Comitato Centrale, nel quale erano ben visibili i rapporti di forze interni. Negli anni il partito Comunista fondato da Gramsci e compagni divenne uno dei partiti più grandi e importanti d’Europa occidentale, fino alla fine degli anni ottanta, quando Occhetto decise di rivoluzionare il PCI. Anche se non va trascurato che la storia del Partito Comunista e della sinistra è fatta di scissioni fin dai primi anni settanta, che portarono alla formazione di piccoli movimenti o partiti comunisti che ne impedirono il salto al potere e non permisero di ridurre la supremazia politica della DC. Dopo 95 anni di storia il grande Partito Comunista che fu di Gramsci e Togliatti viene ancora ricordato, ma è un rammarico constatare che invece di ritrovarci tutti insieme a cantare l’Internazionale e mettere le basi per la ricostruzione di un grande partito, che ha il dovere di difendere lavoratori, disoccupati, pensionati, studenti, ci ritroviamo a Livorno ancora una volta divisi. Cari Compagni, nel mio piccolo e a nome di molti compagni del Teramano, sono convinto che una grande forza comunista sia molto semplicemente la somma del pensiero comunista, e che la simpatia per la tendenza o per la corrente o per il dogma o per il passato in generale non debba rappresentare un motivo di divisione.
Sandro Spada
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